Perché è così difficile la rilevazione automatica delle cadute?

Marta Cristofanini

L’industria health-tech sta investendo molte risorse nell’ambito della rilevazione automatica delle cadute. L’obiettivo: permettere ad anziani e caregiver di vivere l’invecchiamento con la giusta serenità (ma la questione è tutt’altro che risolta)

Cadere è umano

“Sai perché cadiamo, Bruce? Per imparare a rimetterci in piedi”, diceva Thomas Wayne al figlio, il futuro Batman in Batman Begins. Purtroppo non è sempre così semplice, specialmente da anziani, quando si ha bisogno di un aiuto e la cosa più importante è che arrivi il prima possibile. Ecco perché la rilevazione automatica delle cadute può fare la differenza.

La percentuale di anziani over 65 che cadono almeno una volta all’anno si aggira tra il 28% – 35%, raggiungendo il 32% – 42%  per gli over 70.

Dal momento che la nostra società sta “invecchiando” in fretta. L’aspettativa di vita media sta impennando a livello mondiale: si calcola che entro il 2030 il numero di over 60 raggiunga il miliardo e mezzo.

Misure precauzionali devono essere adottate il prima possibile, per limitare i danni fisici legati agli episodi di caduta.

Uno dei fenomeni correlati a cui si vuole rimediare attraverso l’impiego di tecnologie di rilevazione automatica delle cadute, è il cosiddetto “the long lying”.

Si tratta del tempo che la persona trascorre a terra in attesa di soccorso e che può portare a disidratazione, perdita di conoscenza e, in alcuni casi, persino ipotermia.

Device e anziani, ovvero come cambia la percezione del rischio di caduta

Tuttavia l’urgenza di trovare una soluzione al rilevamento delle cadute non si esaurisce solo nell’ottimizzare i tempi di un intervento postumo.

Secondo alcuni studi[1] sull’argomento, la paura di cadere è parte integrante del problema, dal momento che questo sentimento influirebbe negativamente sulla qualità di vita dell’anziano.

La paura lo porterebbe alla rinuncia di svariate attività fisiche, creando così i presupposti psicologici che portano a isolamento e depressione.

I soggetti intervistati, a cui erano stati fatti indossare dei detector per la rilevazione automatica delle cadute, erano anziani a cui era capitato di cadere negli ultimi sei mesi.

Dopo il periodo di prova – durato 17 settimane – la maggior parte di coloro che lo avevano indossato occasionalmente ha dichiarato di essersi sentita più sicura e indipendente.

Dunque non sembrano esserci controindicazioni nell’adozione di sistemi automatici per la rilevazione automatica delle cadute, dal momento che il loro potenziale è pienamente recepito.

Perché allora non si è ancora arrivati a soluzioni soddisfacenti (nonostante un’accuratezza del 100% sia comunque impossibile)?

Prima di vederne insieme le criticità, è utile farsi un’idea di quali siano le soluzioni fino a ora sperimentate.

Come si rilevano le cadute in automatico?

Negli anni sono state diverse (ma non molte) le categorizzazioni proposte dei vari sistemi di rilevazione automatica delle cadute; in questa sezione facciamo riferimento in particolare a una delle più recenti e complete[2].  

Sono due le categorie principali in cui i diversi sistemi vengono suddivisi: la prima è basata sul rilevamento tramite sensori; la seconda sull’utilizzo di algoritmi di analisi.

Gli strumenti appartenenti alle due categorie intervengono in momenti diversi del rilevamento della caduta: gli algoritmi analitici intervengono sui dati raccolti dai sensori, sviluppando le proprie regole predittive sulle informazioni disponibili.

I sensori: a caccia di dati per la rilevazione automatica

Affinché gli algoritmi di analisi possano lavorare, occorre che ci siano dati da processare. I sensori sono la sorgente di queste informazioni ma non sono tutti uguali. Diverse classi di sensori forniscono diverse tipologie di dati, ognuna con i propri pregi e difetti. Vediamole insieme, alcune vi stupiranno senz’altro!

Sensori inerziali

Come accelerometri, giroscopi, barometri. Sono strumenti in grado di rilevare movimenti improvvisi stando a contatto diretto della persona; è proprio questa caratteristica che li ha resi molto popolari e ampiamente diffusi nell’elettronica di consumo (smartphone, wristwatch). Oggi si distinguono per un’ottima accuratezza, e in genere non sono considerati una minaccia eccessiva per la privacy.

Quello che invece ne ostacola l’utilizzo è la loro intrinseca intrusività e il fatto che, a seconda di dove venga indossato il dispositivo che li integra, le performance ne possono risentire significativamente, pregiudicandone così i risultati. Al momento, i fianchi sembrano essere la collocazione migliore e più affidabile per il rilevamento delle cadute. Dobbiamo inoltre tenere a mente un fattore essenziale: la caduta è un evento raro e a suo modo imprevedibile; questo fa sì che sia molto difficile usufruire di dati reali e convalidati per stabilire le giuste soglie di rilevamento e, nel caso si impieghino tecniche di apprendimento automatico, allenare gli algoritmi di riconoscimento.

Si tratta di una difficoltà come vedremo molto ricorrente, a cui si cerca di ovviare con metodi funzionali solo a breve termine.

Sensori contestuali

In questa categoria troviamo quei sensori che tracciano i movimenti del corpo percependolo dall’ambiente circostante, basandosi ad esempio su segnali acustici o visivi. Ne fanno parte microfoni, telecamere, sensori termici e a infrarossi, questi ultimi divenuti recentemente molto popolari.

Questi sistemi sono in generale meno invasivi ma devono fare i conti con il problema della copertura delle aree monitorate. Di solito l’installazione può avvenire solo in modalità indoor e la presenza nel luogo di altre persone/oggetti crea una grande quantità di falsi positivi.

In particolare poi le soluzioni che si basano sul tracciamento visivo devono rispondere anche a questioni legate al trattamento della privacy , oltre alle difficoltà tecniche di calibrazione e installazione delle videocamere.

Sensori a radiofrequenza

Si tratta di una sotto-categoria innovativa e promettente dei sensori “a contesto”. La velocità dei movimenti del corpo porta cambiamenti anomali nelle frequenze radio che possono essere captate da questi sensori. Si tratta infatti di onde che, come il WiFi, sono ovunque; questo rende l’utilizzo di queste tecniche non intrusivo, ma subentra ugualmente – anche se in misura minore – un problema di copertura.

Sensori integrati

Ovvero nati dalla “fusione” di più sensori. Utilizzati per ovviare alla scarsa accuratezza dei singoli sensori o all’eccessiva quantità di falsi positivi, le performance risultano comunque poco soddisfacenti al momento.

Gli algoritmi ovvero processare e classificare i dati

Una volta registrati e raccolti i dati dai sensori, vengono pre-processati e puliti con diversi “filtri” . Questo in modo da poter evidenziare così le caratteristiche distintive di un evento particolare come una caduta.

In genere gli algoritmi di riconoscimento sono basati su alcune assunzioni. Ad esempio, come una caduta dovrebbe “apparire” in termini matematici nei dati raccolti.

Se il mio unico sensore consiste in un accelerometro, posso aspettarmi che una caduta appaia come un brusco picco. Un picco può significare molte cose: uno con la giusta tempistica e intensità è probabilmente una caduta.

Quando si sviluppa un algoritmo di riconoscimento della caduta, il nostro compito è quello di descrivere questo evento nella maniera più robusta possibile.

Un caso particolare sono gli algoritmi che sfruttano l’apprendimento automatico. Infatti sono in grado di identificare autonomamente i parametri che possono caratterizzare un evento. Tutto questo però a patto di avere tantissimi esempi su cui addestrarli!

Per questi motivi, a seconda dell’algoritmo di classificazione in questione, individuiamo tre diverse classi:

Algoritmi basati sulla soglia

Per questi algoritmi, la soglia deve essere ben fissata per evitare falsi allarmi o, peggio ancora, mancarli!

Possono essere suddivisi in fissi (che valgono per singoli individui e situazioni)e adattabili (si adattano automaticamente basandosi sullo storico della motilità dell’utente).

Algoritmi di apprendimento automatico (machine learning)

Sono in grado di identificare autonomamente i parametri che possono caratterizzare una caduta. In genere questi approcci tengono conto di varie caratteristiche più complesse di una soglia; talvolta è difficile anche per chi li ha ideati capirne effettivamente la logica.

I sistemi integrati

Ovvero quelli che sono frutto della fusione tra le due tecniche. Un esempio può essere l’impiego del machine learning per identificare la soglia migliore (fissa o adattiva) da impiegare.

In questo modo si possono ottenere risultati chiari e migliorare il rendimento delle tecniche basate unicamente sulla soglia.

Rilevazione automatica cadute

Rilevazione automatica delle cadute: difficile, non impossibile

In conclusione, ora che abbiamo un quadro più chiaro sugli “strumenti del mestiere” e le nozioni fondamentali per capire come vengono rilevate automaticamente le cadute, possiamo comprendere meglio le difficoltà che i ricercatori si trovano a dover affrontare.

Nessun sensore o algoritmo è perfetto e spesso occorre ricorrere a compromessi o soluzioni che integrano diverse tecniche per ottenere buoni risultati

Tuttavia cercare aggressivamente di non perdere alcuna caduta, porta inevitabilmente a un alto tasso di falsi allarmi (o falsi positivi). Questo a sua volta peggiora drammaticamente l’esperienza degli utenti e ne mina la fiducia.

Ostacoli e obiettivi

Ricapitolando: perché è così difficile la rilevazione automatica delle cadute?

– I dati reali sulle cadute sono pochi e difficili da acquisire;

– Spesso per ovviare a questo inconveniente, come vi abbiamo già fatto intuire, i dati su cui vengono allenati gli algoritmi sono costruiti ad hoc dai ricercatori stessi. Così facendo però si pregiudica il target di riferimento (gli anziani); inoltre i dati per il training risultano troppo diversi da quelli che verranno poi rilevati nei contesti reali di applicazione;

– Abbiamo appena concluso che i sistemi integrati funzionano meglio; nonostante ciò contengono informazioni ridondanti dovuti a processi computazionali molto complessi, “pesanti”, che aumentano quindi il costo di produzione e la difficoltà implementativa;

– Non esiste un sistema di valutazione generale comune ai diversi approcci;

– Infine, non va sottovalutata la questione dell’accettazione da parte degli utenti finali ovvero gli anziani. Il senso di violazione della propria privacy può in alcuni casi prevalere sulla sensazione di sicurezza e protezione; il dispositivo indossabile ha una sua forte valenza fisica che non può essere trascurata. Le implementazioni su smartphone invece tengono in poco conto le percentuali d’adozione basse di questi dispositivi; non si tiene inoltre conto del rischio elevato di falsi positivi causati dalla caduta dei device.

Insomma, la rilevazione automatica delle cadute è una sfida ancora aperta e della massima urgenza.

Si conferma indubbiamente ancora una volta come uno dei principali “temi caldi” dell’assistenza all’anziano.


[1] Automatic fall detectors and the fear of falling, Brownsell and Hawley (2004)

[2] Research of fall detection and fall prevention technologies: a systematic review, Ren and Peng (2019)

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