2021: i wearable a prova di pandemia

Marta Cristofanini

È passato un anno da quando abbiamo pubblicato sul nostro blog un articolo che annunciava il 2020 come l’anno “smart” dei dispositivi wearable. Vediamo come è andata (e come andrà)

Il 2020 purtroppo non è stato l’anno che tutti speravamo fosse. È stato un anno che ci ha preso in contropiede e che lascerà ferite profonde nel tessuto sociale del nostro paese e del mondo intero. Un anno fa abbiamo esordito con un articolo che annunciava il 2020 come l’anno dei wearable device, in cui le previsioni di acquisto e interesse da parte dei consumatori sarebbero state in vertiginoso aumento. È andata effettivamente così?

Una crescita ininterrotta per i wearable

In una parola: sì. È andata così. La pandemia, che ha messo in ginocchio molti settori, in questo è stata debellata grazie all’interesse e alla volontà d’acquisto dei consumatori.

Secondo un’indagine condotta a fine anno dall’IDC (International Data Corporation), il 2020 è stato l’anno di crescita soprattutto di una particolare categoria di wearable: gli hearable.

Se non ti è mai capitato di sentire o leggere questo termine, non preoccuparti: si tratta di un neologismo recentissimo nato dalla crasi tra le parole inglesi wearable e headphones. Non sono altro infatti che le cuffie indossabili smart che tutti conosciamo e che molti di noi possiedono.

Gli hearable hanno rappresentato il 60% delle vendite, raggiungendo 234,3 milioni di unità vendute nel 2020. Gli smartwatch invece si sono aggiudicati il 23,1% delle vendite totali: ne sono stati venduti 91,4 milioni; infine seguono al terzo posto i braccialetti e i fitness tracker; la loro percentuale di vendita è del 17,1% con 67,7 milioni di unità vendute.

Per concludere, le predizioni di mercato si aspettano una crescita annuale del 12,4%; questo significherebbe che nel 2024 le unità vendute raggiungerebbero un totale di 637 milioni. Una cifra per niente indifferente.

Esempi di wearable device

Verso un’assistenza sanitaria sempre più smart

I numeri lo confermano: la pandemia e l’isolamento sociale che ne è conseguito hanno accelerato i tempi verso una nuova consapevolezza.

Secondo recenti ricerche scientifiche, c’è una forte tendenza verso i servizi assistenziali senza o con ridotto contatto fisico; stiamo parlando ad esempio dell’e-healthcare o della telemedicina.

Insomma, la crisi sanitaria corrente ha senza dubbio indotto un profondo interesse nei confronti di app e wearable ad uso assistenziale; se volete approfondire l’argomento, vi consigliamo di leggere l’esauriente articolo di Business Insider.

Perché stanno diventando necessari

Perché i wearable saranno sempre più adottati nell’ambito sanitario e assistenziale?

Al di là della situazione contingente in cui siamo immersi, i motivi di interesse sono svariati; tutti possono essere ricondotti ai vantaggi tangibili che queste soluzioni portano con sé.

Per prima cosa, la tecnologia indossabile rafforza dei comportamenti che riducono le visite ospedaliere e le riammissioni dovute alla scarsa cura personale.

Inoltre le persone in generale sono più sensibili e coinvolte nel partecipare attivamente al mantenimento del proprio stato di salute.

Infine, l’intero sistema sanitario sta cambiando la propria concezione assistenziale; si sta passando da servizi incentrati sul trattamento a servizi basati sulla prevenzione e gestione. I pazienti possono quindi contribuire nell’auto-controllo del proprio stato, arrivando anche a utilizzare in alcuni casi dispositivi assistenziali avanzati.

Esempio di una categoria di wearable, gli smartwatch

Una scommessa vinta

Concludiamo con la speranza che l’impiego dei wearable possa crescere sempre più in contesti sensibili come, ad esempio, quelli assistenziali. Il loro contributo sarebbe senza dubbio prezioso.

I risultati infatti, in termini di prevenzione e tracciamento, stanno emergendo con chiarezza, e questo sembra essere la conferma di un percorso votato al successo. A prova di pandemia.

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